Testi per la vita monastica                                           San Benedetto - sezione I


scheda bio-bibliografica

   

Abbate G.D. osb

La Regola dei Monasteri  di San Benedetto

in forma condensata 


La “Regola dei Monasteri” è l’edizione finale, che San Benedetto scrisse a Montecassino dopo aver apportato numerose aggiunte e modifiche all’edizione giovanile (chiamata “Regola del Maestro”) composta quando egli era ancora a Subiaco. 

Essa si diffuse in tutto il monachesimo d’occidente.

È composta da 72 capitoli (preceduti da un Prologo e seguiti da un Epilogo) ed è giustamente ritenuta un capolavoro.


Qui la presentiamo in forma condensata (ma fedele) per opera dell’Abbate G.D.osb.


A stampa e su internet (anche sul nostro sito) si possono trovare molte edizioni integrali della Regola dei Monasteri – sia nell’originale latino (ormai si usa sempre il Codice n. 914 di San Gallo) sia tradotta nelle lingue moderne –  oltre a molti “Commentari” di valore.


a cura dei monaci della Abbazia Nostra Signora della Trinità - Morfasso (PC) Italia


Tutti i diritti sono riservati per il testo:  © all'Autore e all'Editore

 

 

 

La  Regola  dei  MonasterI  di  san  benedetto

presentata in forma condensata dall'Abbate G.D. osb

 

ASCOLTA ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------  

Apri docilmente il tuo cuore.

A te si rivolge il mio discorso, chiunque tu sia, che rinunciando a ogni tua volontà, prendi le fortissime e nobili armi dell'obbedienza, pronto a militare sotto Cristo Signore, vero Re.

Il Signore, cercando il suo operaio tra la folla, dice: "C'è qualcuno che desidera la vita e brama lunghi giorni per gustare il bene?" (Sal 34,13).

Che vi è di più dolce per noi, o fratelli, di questa voce del Signore che ci invita?

Sotto la guida dell’Evangelo incamminiamoci dunque per le sue vie, per meritare di vedere nel suo regno Colui che ci ha chiamati.

Ma interroghiamo il Signore, dicendogli: "Signore, chi abiterà nella tua tenda? Chi dimorerà sul tuo santo monte?” (Sal 15,1).

Ascoltiamo il Signore risponderci: "Colui che cammina senza colpa,... che non fa danno al suo prossimo” (Sal 15,1-3b). Colui che teme il Signore e stima che il bene che è in lui viene da Dio e non da se stesso, e perciò glorifica il Signore dicendo con l'apostolo Paolo: "Per la grazia di Dio sono quello che sono".

Ora, per prima cosa chiedi a Lui, con preghiera costante e intensa, che conduca a termine ogni buona azione che tu cominci a fare; che disponga il tuo cuore e il tuo corpo a militare sotto la santa obbedienza; e che - per quel che la natura in te è insufficiente a compiere - ti venga in aiuto con la sua grazia.

Eccoci dunque a costituire la scuola del servizio divino.

Speriamo di non prescrivere nulla di aspro né di pesante. Ma se qualcosa sarà per giuste ragioni un po' più rigoroso, per emendare i vizi o custodire la carità, tu non abbandonare per questo motivo la via della salvezza, preso dallo sgomento.

Gli inizi sono sempre difficili. Ma, proseguendo nella vita monastica e nella fede, con cuore dilatato e ineffabile dolcezza di amore si corre la via dei divini voleri.

Non allontanandoci mai dall'insegnamento di Dio, perseveriamo fino alla morte in monastero. Per mezzo della pazienza diveniamo partecipi dei patimenti di Cristo, per poi meritare di essere con Lui nel suo regno.

ESSERE MONACO --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

Ecco come fare:

- vivere in comunità,

- in un monastero,

- seguire una Regola,

- obbedire a un Abbate.

L'ABBATE ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------       

Si deve credere che egli tenga nel monastero il posto di Cristo.

L'Abbate non deve insegnare, stabilire o ordinare niente che si allontani dal precetto del Signore.

Tutto ciò che è buono e santo lo mostri più coi fatti che a parole, perché mentre predica agli altri non si trovi lui ad essere riprovato. Poiché è scritto: "Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?" (Mt 7,3) .

Egli non ami l'uno più dell'altro, poiché siamo tutti uno in Cristo e militiamo sotto un unico Signore.

Si conformi e adatti ad ognuno, secondo il modo di essere e la capacità di comprendere di ciascuno.

Si mostri ora severo maestro e ora tenero padre .

Non perda di vista né tenga in minor conto la salvezza delle anime, né si dia maggior sollecitudine degli interessi terreni e transitòri, preoccupandosi troppo di una eventuale scarsezza di mezzi. Perché è scritto: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta" (Mt 6,33).

Mentre corregge gli altri, si emenda egli stesso dei suoi difetti.

L'Abbate sappia che deve giovare, più che dominare.

Faccia sempre prevalere la misericordia sulla giustizia. Odi i vizi, ami i fratelli.

Nel correggere agisca con prudenza e senza eccedere in nulla, per timore che a voler troppo raschiare la ruggine, non vada in frantumi il vaso.

Abbia sempre presente la sua fragilità.

Cerchi di farsi amare, più che temere.

Non sia apprensivo, né troppo sospettoso, perché non avrà mai pace.

Ricordi la discrezione del patriarca Giacobbe che diceva: "Se affaticherò il mio gregge facendolo camminare troppo, morirà tutto in un sol giorno" (cfr. Gen 33,13).

Con questo e altri esempi di discrezione, madre delle virtù, regoli tutto in modo che i forti possano desiderare di fare di più e i deboli non si scoraggino.

IL CONSIGLIO -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

Tutte le volte che in monastero si devono trattare affari importanti, l'Abbate convochi tutti i fratelli e ascolti il pensiero di ciascuno.

Spesso è al più giovane che Dio rivela la soluzione migliore.

I fratelli diano il loro parere con tutta la sottomissione che l'umiltà infonde e non abbiano la presunzione di difendere ostinatamente il loro punto di vista.

La decisione dipenda dall'Abbate e tutti gli obbediscano.

Ma come è giusto che i discepoli obbediscano al maestro, così conviene che l'Abbate disponga ogni cosa con provvidenza ed equità.

Tutti seguano in ogni cosa la Regola.

L'OBBEDIENZA ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------       

L'obbedienza compiuta senza indugio è il primo gradino dell'umiltà. Essa è propria di coloro che non hanno niente di più caro di Cristo. I monaci accolgono il comando del superiore come ordine diretto di Dio, perché è scritto: "Chi ascolta voi, ascolta Me" (Lc 10,16)

Lasciano sull'istante le cose loro, e seguono la voce di chi comanda, lasciando incompiuto il lavoro che stavano facendo. Di essi dice il Signore: "All'udirmi, subito mi obbedivano" (Sal 18,45a).

Chi ha scelto di obbedire non vive più a suo arbitrio, né segue i propri desideri e le proprie inclinazioni, ma procede secondo l'altrui giudizio e comando, e desidera di sottomettersi a un Abbate. Segue l'esempio del Signore che dice: "Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato"     (Gv 6,38).

L'obbedienza sarà gradita a Dio e cara agli uomini se si eseguirà il comando senza trepidazione, senza ritardo, senza mormorazione, ma di buon animo, perché "Dio ama chi dona con gioia" (2 Cor 9,7).

Non solo all'Abbate tutti i fratelli devono obbedienza, ma bisogna che si obbediscano anche a vicenda, sapendo che per questa via andranno a Dio.

IL SILENZIO -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------       

Se si deve talvolta tacere su argomenti buoni per amore del silenzio, quanto più si deve desistere da cattivi discorsi, poiché sta scritto: "Nel molto parlare non manca la colpa" (Pro 10,19) e altrove: "Morte e vita sono in potere della lingua" (Pro 18,21).

Al discepolo conviene tacere e ascoltare.

L'UMILTÀ ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------         

La divina Scrittura ci grida: "Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato" (Lc 14,11).

Quando il monaco avrà salito tutti i gradini dell'umiltà, che sono:

  1 - vivere alla presenza di Dio;

  2 - imitare in tutto il Cristo obbediente;

  3 - obbedire per amore di Dio;

  4 - essere perseverante nelle circostanze dure e contrarie;

  5 - manifestare al proprio Abbate i segreti del cuore;

  6 - essere contento di tutto, anche nelle situazioni di povertà e di insuccesso;

  7 - farsi un cuore di povero, riconoscendosi sinceramente inferiore a tutti;

  8 - non cercare la singolarità;

  9 - amare il silenzio;

10 - non essere facile e pronto al ridere;

11 - nel parlare, esprimersi pacatamente, con umiltà e gravità, con poche e prudenti parole;

12 - manifestare, anche nell'atteggiamento esterno, le disposizioni del cuore;

allora giungerà presto a quell'amor di Dio che, se è perfetto, bandisce il timore.

Per questa carità, tutto quello che prima osservava non senza timore, ora lo compirà senza sforzo, come naturalmente, in virtù dell'abitudine, non più dunque per la paura dell'inferno, ma per amore di Cristo, per la stessa buona abitudine e per l'attrattiva delle virtù.

Ecco: questo il Signore manifesterà per opera dello Spirito Santo nel suo operaio, ormai purificato dai vizi e dai peccati.

LA PREGHIERA ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

Quando celebriamo l'Ufficio liturgico, consideriamo come ci convenga stare al cospetto di Dio e dei suoi angeli e così nella divina salmodia facciamo in modo che il nostro spirito sia in armonia con la nostra voce.

Sappiamo che saremo esauditi non per le molte parole, ma per la purezza del cuore e il sentimento della nostra indegnità.

La preghiera silenziosa deve essere breve e pura; a meno che non ci muova a prolungarla uno speciale impulso della grazia divina.

Quando è l'ora dell'Ufficio divino, udito il segno, si abbandoni tutto ciò che si ha tra le mani e si accorra con la massima sollecitudine.

All'Opera di Dio non si deve anteporre nulla.

Terminata l'Opera di Dio, escano tutti dall'oratorio in profondo silenzio, sicché il fratello che, forse, vuol pregare privatamente, non ne sia impedito.

Chi vuol pregare, entri semplicemente e preghi, non però a voce alta, ma con la compunzione e il fervore del cuore.

GUARIRE  ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

L'Abbate si prenda cura con ogni sollecitudine dei fratelli caduti in colpa, perché: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati" (Mt 9,12).

Deve, da medico sapiente, adoperare tutti i mezzi.

Invierà dei fratelli anziani e saggi che, quasi segretamente, confortino il fratello agitato e lo conducano alla riparazione umiliandosi, e lo consolino, "perché egli non soccomba sotto un dolore troppo forte" (2 Cor 2,7).

Bisogna, come dice l'apostolo: "Far prevalere, nei suoi riguardi, la carità" (2 Cor 2,8). E tutti preghino per lui.

L'Abbate sappia che ha preso in cura anime inferme e non ha assunto il dominio sulle sane. Imiti l'esempio del buon Pastore che, lasciate sui monti le novantanove pecore, se ne andò a cercare quella sola che si era smarrita e a tal punto ne compatì l'infermità, che si degnò di porsela sulle spalle, e riportarla così al gregge.

Ogni età e ogni intelligenza deve essere guidata secondo la sua capacità.

IL CELLERARIO --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

Sia eletto a cellerario del monastero un fratello che tema Dio e che sia come un padre per tutta la comunità.

Si prenda cura di tutti.

Nulla faccia senza l'ordine dell'Abbate.

Non contristi i fratelli. Se qualche fratello gli chiede alcunché indebitamente, non lo rattristi con il disprezzo, ma gli sappia dire di no con persuasione e umiltà.

Custodisca l'anima sua.

Abbia ogni sollecita cura per gli infermi, i fanciulli, gli ospiti e i poveri.

Consideri i beni del monastero come vasi sacri dell'altare.

Nulla ritenga trascurabile.

Innanzitutto sia umile, e a chi non ha di che dare, porga una buona parola, perché sta scritto: "Una parola è più pregiata del dono" (Sir 18,16 b).

Servirà i fratelli senza alterigia né indugio.

Se la comunità sarà numerosa gli si diano degli aiuti, perché, coadiuvato da essi, possa compiere con animo sereno l'ufficio a lui affidato.

Alle ore prescritte si distribuisca quel che è da dare e si domandi quel che è da chiedere; perché nella casa di Dio nessuno si turbi o si rattristi.

POVERTÀ --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------       

Si sradichi dal monastero il vizio della proprietà.

Nessuno presuma di dare o ricevere alcunché senza il permesso dell'Abbate; non si tenga nessuna cosa come proprietà personale, nulla, nulla affatto.

I monaci devono sperare tutte le cose necessarie dal padre del monastero.

Ogni cosa sia comune a tutti, come è scritto: "La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuor solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune" (At 4,32).

Non sia lecito ad un monaco ricevere dai suoi parenti o da altra persona lettere, regali o qualsiasi piccolo dono, né scambiarsene tra fratelli senza l'autorizzazione dell'Abbate.

GIUSTIZIA  -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

Si faccia come sta scritto: "Veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno" (At 4,35 b).

Chi ha minor bisogno ringrazi Dio e non si contristi; chi invece ha bisogno di più, si umili per la sua fragilità e non  si insuperbisca per la misericordia che gli viene usata. Così tutte le membra saranno in pace.

Innanzitutto non affiori per nessuna causa il male della mormorazione.

CUCINA  ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

I fratelli si servano a vicenda.

Nessuno sia esentato dall'ufficio della cucina, se non per infermità, o chi sia impegnato in cosa di maggiore utilità.

Perché con ciò si riceve una maggiore ricompensa e un aumento di carità.

Ai deboli si diano degli aiuti, perché non compiano il loro lavoro con tristezza.

MISURA -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

Ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo chi in un altro (1 Cor 7,7); quindi stabiliamo la misura del nutrimento per gli altri con una certa scrupolosità.

Il superiore stia attento che non  sottentri sazietà o ebbrezza.

Dove le condizioni locali non permettono che si possa procurare la quantità di vino desiderata, ma molto meno o nulla affatto, i monaci che vi abitano benedicano Dio e non mormorino. Questo soprattutto raccomandiamo: che si astengano dal mormorare.

L'ora dei pasti sia fissata dall'Abbate.

Egli regoli e disponga ogni cosa in modo che le anime si salvino e i fratelli facciano quel che devono, senza trarre motivi giusti per mormorare.

GLI INFERMI  -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

Prima di tutto e soprattutto si avrà cura degli infermi, sicché si serva a loro come a Cristo in persona; poiché Lui stesso ha detto: "ero malato e mi avete visitato" (Mt 25,36); e "ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40).

Gli infermi, da parte loro, considerino che sono serviti in onore di Dio e non contristino i fratelli che li assistono; d'altra parte, però, essi sono da sopportare con pazienza.

L'Abbate si dia gran cura perché i malati non debbano patire di qualche trascuratezza.

APERTURA DI CUORE  --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

Quando un monaco, mentre attende a un qualunque lavoro, commetterà qualche negligenza, romperà o perderà qualche cosa, si presenterà subito davanti all'Abbate e alla comunità, palesando spontaneamente la sua mancanza.

Se si tratta di un peccato segreto dell'anima, lo riveli solo all'Abbate o ai seniori spirituali, che sappiano curare le proprie piaghe e le altrui senza manifestarle e pubblicarle.

LAVORO  ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

L'ozio è nemico dell'anima.

Perciò i fratelli devono essere occupati, a ore stabilite, nel lavoro manuale e, in altre ore, nella lettura delle cose divine.

Se, per la situazione del luogo o per la povertà, i fratelli dovranno occuparsi nei raccolti della campagna, non si rattristino; perché allora sono veri monaci quando vivono del lavoro delle loro mani, come i nostri Padri e gli Apostoli.  Tuttavia si regoli ogni cosa con misura, tenendo conto dei deboli.

QUARESIMA  -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

In questi santi giorni di Quaresima si custodisca la propria vita con la massima purezza e nello stesso tempo si cancellino le negligenze degli altri tempi dell'anno.

Quindi ci dobbiamo guardare da ogni peccato e impegnarci nella preghiera accompagnata dalle lacrime, nella lettura, nella compunzione del cuore, e nel digiuno. Perciò ciascuno offra spontaneamente a Dio, nel gaudio dello Spirito Santo, qualcosa di più di quel che deve: particolari preghiere, astinenze nel mangiare e nel bere, e attenda con gioia soprannaturale la Santa Pasqua

Ciascuno sottometta all'Abbate quel che offre e lo compia con la sua approvazione e la sua preghiera. Tutto ciò che si compie senza il permesso del padre spirituale, lo si ascriverà a presunzione e a vanagloria.

GLI OSPITI  ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

Si accolgano tutti gli ospiti che arrivano come Cristo, poiché Egli ci dirà: "Ero forestiero e mi avete ospitato" (Mt 25,35 c).

Dopo aver pregato insieme, si offra il bacio di pace.

Si usi sollecita cura soprattutto nell'accogliere i poveri e i pellegrini, perché più pienamente in essi si riceve il Cristo. Ai ricchi, per la loro stessa posizione si tende a rendere onore.

La tavola degli ospiti sia a parte, perché i fratelli non siano disturbati dal sopraggiungere, a ore impreviste, di ospiti, che non mancano mai al monastero.

Alla foresteria degli ospiti sia assegnato un fratello, la cui anima sia tutta posseduta dal timore di Dio.

La casa di Dio sia sapientemente governata da monaci saggi.

LE VESTI  ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

Per le vesti dei fratelli si tenga conto del clima e dei luoghi dove risiedono.

I monaci non faccian caso alla qualità e al colore della stoffa. Usino quel che trovano nella regione dove risiedono, o quello che costa meno.

Il superfluo sarà eliminato.

ARTIGIANI  ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

Se nel monastero vi sono artigiani, esercitino con tutta umiltà la loro arte, se lo permette l'Abbate.

Se qualcuno si inorgoglisce per la sua perizia, perché gli sembra di portare un utile al monastero, sia tolto dall'esercizio della sua arte, né vi sia riammesso se l'Abbate non glielo ordini di nuovo, dopo averlo visto veramente umiliato.

Nella vendita dei prodotti degli artigiani ci si guardi da ogni frode. Nei prezzi non subentri l'avarizia.

In tutto venga glorificato Dio (1 Pt 4,11).

NOVIZI  --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

Non si apra facilmente la porta a chi vuol passare dal secolo alla vita religiosa.

Si farà quel che dice l'apostolo: "Mettete alla prova le ispirazioni, per saggiare se provengono veramente da Dio" (1 Gv 4,1).

Si affidi il postulante a un anziano, che abbia il dono di guadagnare le anime, che lo osservi con occhio attento e lo esamini: se cerca veramente Dio, se è fervoroso per l'Ufficio divino e per l'obbedienza, e se sa superare le umiliazioni. Gli si prospettino tutte le cose difficili e aspre per le quali si va a Dio.

Se, dopo matura deliberazione, prometterà di osservare la Regola in ogni punto e di obbedire a ogni comando, sia accolto nella comunità, ben consapevole che non gli sarà più lecito da quel giorno di uscire dal monastero o di scuotere il collo dal giogo della Regola, che dopo così lunga riflessione poteva accettare o rifiutare.

Egli prometterà pubblicamente nell'oratorio: stabilità, conversione dei suoi costumi e obbedienza.

Se ha sostanze le dia ai poveri o ne faccia donazione al monastero, senza serbare nulla per sé.

Sappia che da quel giorno non ha più facoltà di disporre neppure del proprio corpo.

Nell'oratorio stesso sia spogliato delle proprie vesti e rivestito degli abiti del monastero.

ACCOGLIENZA  ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

Se un monaco forestiero chiederà di dimorare in mo-nastero in qualità di ospite, se si adatta alle consuetudini che trova in quel luogo e non turba la comunità con le sue esigenze, lo si accolga per quanto tempo desidera.

Qualora egli disapprovasse o suggerisse qualche cosa, con motivi veri e nell'umiltà della carità, l'Abbate consideri con prudenza se Dio non glielo abbia forse mandato proprio per questo.

RELAZIONI  --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

I giovani onoreranno gli anziani; gli anziani ameranno i giovani.

Ci si conformerà a ciò che è scritto: "Gareggiate nello stimarvi a vicenda" (Rm 12,10 b).

L'IMPOSSIBILE  --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------       

Se accade che a un fratello sia data una obbedienza gravosa o impossibile, questi accolga il comando con spirito di mansuetudine e di obbedienza.

Se poi vedrà che il peso dell'incarico supera i limiti delle sue forze, presenti al suo superiore, con sottomissione e a tempo opportuno, i motivi della sua incapacità, ma senza orgoglio, senza resistere né contraddire.

Se, poi, l'ordine del superiore resta immutato, il fratello sappia che questo va bene per lui; e obbedisca per amore, confidando nell'aiuto di Dio.

VITA FRATERNA  ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------        

I fratelli gareggino nel rendersi onore.

Sopportino con tutta la pazienza le loro debolezze fisiche e morali.

Si rendano a gara l'obbedienza.

Nessuno segua ciò che stima utile per sé, ma piuttosto il vantaggio altrui.

Si amino gli uni gli altri con affetto fraterno.

L'amore li stabilisca nel timore di Dio.

Abbiano per il loro Abbate un amore umile e sincero.

Nulla, proprio nulla antepongano al Cristo, che si degni di condurci, tutti insieme, alla vita eterna.

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