Testi per la vita monastica Cultura monastica - sezione II scheda Il Mistero rivelato ai piccoli Testo dell'omelia tenuta tutta a braccio da Benedetto
XVI durante con i partecipanti alla plenaria della Commissione
Teologica Internazionale, il 1 dicembre 2009
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LE LETTURE COMMENTATE
DAL PAPA Dal libro del profeta Isaia (11, 1-10) In quel giorno, un germoglio spunterà dal tronco
di Iesse, un virgulto germoglierà dalle
sue radici. Su di lui si poserà lo spirito
del Signore, spirito di sapienza e
d'intelligenza, spirito di consiglio e di
fortezza, spirito di conoscenza e di
timore del Signore. Si compiacerà del timore del
Signore. Non giudicherà secondo le
apparenze e non prenderà decisioni per
sentito dire; ma giudicherà con giustizia i
miseri e prenderà decisioni eque per
gli umili della terra. Percuoterà il violento con la
verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra
ucciderà l'empio. a giustizia sarà fascia dei suoi
lombi e la fedeltà cintura dei suoi
fianchi. Il lupo dimorerà insieme con
l'agnello; il leopardo si sdraierà accanto
al capretto; il vitello e il leoncello
pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li
guiderà. La mucca e l'arsa pascoleranno
insieme; loro piccoli si sdraieranno
insieme. Il leone si ciberà di paglia,
carne il bue. Il lattante si trastullerà sulla
buca della vipera; il bambino metterà la mano nel
covo del serpente velenoso. Non agiranno più iniquamente né
saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore
riempirà la terra come le acque ricoprono il mare. In quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un
vessillo per i popoli. Le nazioni la cercheranno con
ansia. La sua dimora sarà gloriosa. Dal Vangelo
secondo Luca (10, 21-24) In quella stessa ora Gesù esultò
di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del
cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose al sapienti e ai
dotti e le hai rivelate ai piccoli.
Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato
a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il
Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo ». E, rivolto ai discepoli, in
disparte, disse: « Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico
che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo
videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono ». |
Benedetto XVI IL MISTERO RIVELATO AI PICCOLI Cari fratelli e sorelle, le parole del Signore, che abbiamo ascoltato poc'anzi
nel brano evangelico (Luca 10, 21 24),
sono una sfida per noi teologi, o forse, per meglio dire, un invito a un
esame di coscienza: che cosa è la teologia? che cosa siamo noi teologi? come
fare bene teologia? Abbiamo sentito che il Signore loda il Padre perché ha
nascosto il grande mistero del Figlio, il mistero trinitario, il mistero
cristologico, davanti ai sapienti, ai dotti — essi non l'hanno conosciuto —,
ma lo ha rivelato ai piccoli, ai nèpioi, a quelli che non sono dotti, che non
hanno una grande cultura. A loro è stato rivelato questo grande mistero. Con queste parole il Signore descrive semplicemente un
fatto della sua vita; un fatto che inizia già ai tempi della sua nascita,
quando i Magi dell'Oriente chiedono ai competenti, agli scribi, agli esegeti
il luogo della nascita del Salvatore, del Re d'Israele. Gli scribi lo sanno
perché sono grandi specialisti; possono dire subito dove nasce il Messia: a
Betlemme! Ma non si sentono invitati ad andare: per loro rimane una
conoscenza accademica, che non tocca la loro vita; rimangono fuori. Possono
dare informazioni, ma l'informazione non diventa formazione della propria
vita. Poi, durante tutta la vita pubblica del Signore troviamo
la stessa cosa. È inaccessibile per i dotti comprendere che questo uomo non
dotto, galileo, possa essere realmente il Figlio di Dio. Rimane inaccettabile
per loro che Dio, il grande, l'unico, il Dio del cielo e della terra, possa
essere presente in questo uomo. Sanno tutto, conoscono anche Isaia 53, tutte
le grandi profezie, ma il mistero rimane nascosto. Viene invece rivelato ai
piccoli, iniziando dalla Madonna fino ai pescatori del lago di Galilea. Essi
conoscono, come pure il capitano romano sotto la croce conosce: questi è il
Figlio di Dio. I fatti essenziali della vita di Gesù non appartengono
solo al passato, ma sono presenti, in modi diversi, in tutte le generazioni.
E così anche nel nostro tempo, negli ultimi duecento anni, osserviamo la
stessa cosa. Ci sono grandi dotti, grandi specialisti, grandi teologi,
maestri della fede, che ci hanno insegnato molte cose. Sono penetrati nei
dettagli della Sacra Scrittura, della storia della salvezza, ma non hanno
potuto vedere il mistero stesso, il vero nucleo: che Gesù era realmente
Figlio di Dio, che il Dio trinitario entra nella nostra storia, in un
determinato momento storico, in un uomo come noi. L'essenziale è rimasto
nascosto! Si potrebbero facilmente citare grandi nomi della storia della
teologia di questi duecento anni, dai quali abbiamo imparato molto, ma non è
stato aperto agli occhi del loro cuore il mistero. Invece, ci sono anche nel nostro tempo i piccoli che
hanno conosciuto tale mistero. Pensiamo a santa Bernardette Soubirous; a
santa Teresa di Lisieux, con la sua nuova lettura della Bibbia « non
scientifica », ma che entra nel cuore della Sacra Scrittura; fino ai santi e
beati del nostro tempo: santa Giuseppina Bakhita, la beata Teresa di
Calcutta, san Damiano de Veuster. Potremmo elencarne tanti! Ma da tutto ciò nasce la questione: perché è così? È il
cristianesimo la religione degli stolti, delle persone senza cultura, non
formate? Si spegne la fede dove si risveglia la ragione? Come si spiega
questo? Forse dobbiamo ancora una volta guardare alla storia.
Rimane vero quanto Gesù ha detto, quanto si può osservare in tutti i secoli.
E tuttavia c'è una « specie » di piccoli che sono anche dotti. Sotto la croce
sta la Madonna, l'umile ancella di Dio e la grande donna illuminata da Dio. E
sta anche Giovanni, pescatore del lago di Galilea, ma è quel Giovanni che
sarà chiamato giustamente dalla Chiesa « il teologo », perché realmente ha
saputo vedere il mistero di Dio e annunciarlo: con l'occhio dell'aquila è
entrato nella luce inaccessibile del mistero divino. Così, anche dopo la sua risurrezione, il Signore, sulla
strada verso Damasco, tocca il cuore di Saulo, che è uno dei dotti che non
vedono. Egli stesso, nella prima Lettera a Timoteo, si definisce « ignorante
» in quel tempo, nonostante la sua scienza. Ma il Risorto lo tocca: diventa
cieco e, al tempo stesso, diventa realmente vedente, comincia a vedere. Il
grande dotto diviene un piccolo, e proprio per questo vede la stoltezza di
Dio che è saggezza, sapienza più grande di tutte le saggezze umane. Potremmo continuare a leggere tutta la storia in questo
modo. Solo un'osservazione ancora. Questi dotti sapienti, sofòi e sinetòi,
nella prima lettura, appaiono in un altro modo (lsaia 11,1-10). Qui sofìa e
sìnesis sono doni dello Spirito Santo che riposano sul Messia, su Cristo. Che
cosa significa? Emerge che c'è un duplice uso della ragione e un duplice modo
di essere sapienti o piccoli. C'è un modo di usare la ragione che è autonomo, che si
pone sopra Dio, in tutta la gamma delle scienze, cominciando da quelle
naturali, dove un metodo adatto per la ricerca della materia viene
universalizzato: in questo metodo Dio non entra, quindi Dio non c'è. E così,
infine, anche in teologia: si pesca nelle acque della Sacra Scrittura con una
rete che permette di prendere solo pesci di una certa misura e quanto va
oltre questa misura non entra nella rete e quindi non può esistere. Così il
grande mistero di Gesù, del Figlio fattosi uomo, si riduce a un Gesù storico:
una figura tragica, un fantasma senza carne e ossa, un uomo che è rimasto nel
sepolcro, si è corrotto ed è realmente un morto. Il metodo sa «captare» certi
pesci, ma esclude il grande mistero, perché l'uomo si fa egli stesso la
misura: ha questa superbia, che nello stesso tempo è una grande stoltezza
perché assolutizza certi metodi non adatti alle realtà grandi; entra in
questo spirito accademico che abbiamo visto negli scribi, i quali rispondono
ai Re magi: non mi tocca; rimango chiuso nella mia esistenza, che non viene
toccata. È la specializzazione che vede tutti i dettagli, ma non vede più la
totalità. E c'è l'altro modo di usare la ragione, di essere
sapienti, quello dell'uomo che riconosce chi è; riconosce la propria misura e
la grandezza di Dio, aprendosi nell'umiltà alla novità dell'agire di Dio.
Così, proprio accettando la propria piccolezza, facendosi piccolo come
realmente è, arriva alla verità. In questo modo, anche la ragione può
esprimere tutte le sue possibilità, non viene spenta, ma si allarga, diviene
più grande. Si tratta di un'altra sofìa e sìnesis, che non esclude dal
mistero, ma è proprio comunione con il Signore nel quale riposano sapienza e
saggezza, e la loro verità. In questo momento vogliamo pregare perché il Signore ci
dia la vera umiltà. Ci dia la grazia di essere piccoli per poter essere
realmente saggi; ci illumini, ci faccia vedere il suo mistero della gioia
dello Spirito Santo, ci aiuti a essere veri teologi, che possono annunciare
il suo mistero perché toccati nella profondità del proprio cuore, della
propria esistenza. Amen. |