Mons. Antonio Mattiazzo

arcivescovo di Padova 

La pace in tutto il mondo chiede giustizia e nuovi stili di vita

nell’incontro del 25 ottobre 2001 con i vicari foranei, interviene sulla tragedia americana

 

UN “SEGNO DEI TEMPI”

È da ritenere che l’evento dell’11 settembre con tutte le sue conseguenze sia da considerare come un biblico “segno dei tempi” che richiede d’esser interpretato e de-codificato dalla coscienza cristiana illuminata dalla fede. Dio ci sta dicendo qualcosa di importante; forse è uno “scossone” forte che abbiamo bisogno di comprendere bene dopo il giubileo del 2000. Si è sentito il bisogno di pregare. La preghiera è ricorrere a Dio, è intercessione, ma deve essere anche ascolto di quello che Dio vuole dirci attraverso gli eventi. La fede cristiana è interconnessa necessariamente e vitalmente con le vicende della storia. Ma l’interpretazione dei fatti storici alla luce della fede è un’operazione delicata. Essa esige discernimento personale e comunitario, che non si improvvisa, ma richiede profondo ascolto e pacata riflessione. Il discernimento è illuminare l’evento con la Parola di Dio. Ma quale Parola? Non si tratta di conoscere in teoria la Parola, ma quale Parola scegliere e applicare senza strumentalizzazioni preconcette. In questa prospettiva, va tenuto presente che gli eventi storici sono complessi: hanno una componente che va letta e capita con lo strumento delle scienze umane. La fede li colloca poi in un orizzonte più elevato, quello della “storia della salvezza” che ha il suo punto focale in Gesù Cristo. V’è, poi, una mediazione della fede che è data alla dottrina sociale della chiesa.

 

GIUSTIZIA

Si è invocata la giustizia nei riguardi dei terroristi che hanno compiuto la strage. La giustizia è certamente un valore fondamentale che deve regolare i rapporti sociali; essa è una “virtù cardinale” da esercitare.

Affermato questo, occorre riflettere:

- verso chi, come e in che misura va applicata. Giustizia non è vendetta, non è rappresaglia.

- La giustizia deve essere globale; nei rapporti internazionali permangono altre situazioni gravi di ingiustizia, che richiedono interventi necessari e urgenti.

- La giustizia da sola non potrà rimuovere alcune cause profonde del terrorismo, come il fondamentalismo e il fanatismo.

- Anche in casa nostra la giustizia non è sempre praticata.

La nostra coscienza deve sentirsi interpellata. Dobbiamo educarci ed educare al senso della giustizia.

GUERRA, PACE, PACIFISMO

Queste parole sono spesso risuonate, suscitando reazioni diverse. Pensiamo alle discussioni circa la marcia della pace da Perugia ad Assisi. Le domande sono: la pace è un valore assoluto? Essendo “opera della giustizia” si deve evitare ogni forma di autodifesa che richiede violenza? I pubblici poteri che hanno l’obbligo di provvedere alla sicurezza dei cittadini cosa devono fare?

Qualche pensiero al riguardo.

- La violenza è da considerare realisticamente un fenomeno endemico. Sul piano internazionale si dovrebbe combattere attraverso l’Onu e una sua forza di polizia, come avviene all’interno degli stati. Attualmente l’Onu è troppo debole; dovrebbe esser riformata e rafforzata per svolgere questo ruolo.

- Compito della fede cristiana e dei cristiani è educare alla pace, proporre e testimoniare le condizioni di una pace vera; qui c’è spazio per la profezia.

- Il pacifismo suscita simpatia, ma occorre anche tener presente che esso ha inglobato elementi ideologici che lo rendono ambiguo e unilaterale; occorre quindi discernimento.

 

L’ISLAM

L’evento dell’11 settembre ha portato alla ribalta l’islam. Occorre fare sempre più i conti con questa religione per la sua forza demografica e la sua incidenza anche culturale, sociale e politica. Un fenomeno non identificabile con l’islam, ma a esso connesso è il fondamentalismo. Non va dimenticato che in vari strati della vasta popolazione islamica è presente una frustrazione, che si rivolta contro l’occidente e in particolare gli Usa. Siamo ora a un momento importante di scelta per l’islam: pro o contro Bin Laden? Prevarrà il fanatismo fondamentalista o la scelta moderata? Saprà l’islam accettare la “modernità” occidentale con i suoi corollari positivi di democrazia, tolleranza, ecc.? Ma la modernità o post-modernità occidentale veicola anche secolarismo, relativismo, dissoluzione dei costumi ecc. La complessità del problema deve renderci vigilanti e cauti. Un orientamento è comunque per noi acquisito: è il dialogo inter-religioso, pur consapevoli che questo è un atteggiamento non facile e scontato (per un musulmano solo?). Per questo la nostra diocesi ha inviato un sacerdote a specializzarsi in studi islamici e ha avviato un Servizio per le relazioni con l’islam.

 

CONVERSIONE

C’è un messaggio fondamentale che, a mio parere, ci viene dall’11 settembre: conversione del cuore, conversione della vita. Mi fanno impressione queste parole della Bibbia: «L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono» (Sal 49,13). Caduti in una specie di letargo e apatia spirituale, non ci siamo forse cullati nelle nostre false sicurezze e nelle illusioni? Occorre svegliarci dal nostro assopimento spirituale e dalla mollezza. Gesù, quando gli riferirono il crollo della torre di Siloe che aveva provocato 18 morti e la strage operata da Pilato, mise i suoi interlocutori dinanzi all’esigenza della conversione, di un mutamento di mentalità e di scelte di vita (cfr. Lc 13,1-4). La conversione significa e implica:

- volgersi-ritornare a Dio, per fare la sua volontà;

- cambiare mentalità, i criteri e giudizi di valore;

- adottare modelli e stili di vita cristiani circa: l’uso del denaro, il potere, il piacere; uno stile improntato a sobrietà e solidarietà; robusto impegno spirituale e morale, superando mollezza e relativismo;

- conversione sul piano sociale ed economico, non ponendo il profitto come obiettivo unico e assoluto, ma il bene comune e la promozione della persona.

 

IL MALE SI PUÒ VINCERE?

C’è ancora una questione cruciale: quella del male. Si può vincere? O dobbiamo rassegnarci al suo strapotere e alla sua inevitabilità?

Il concilio Vaticano II ci ammonisce: «Tutta intera la storia umana è pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre, lotta cominciata fin dall’origine dell’umanità, che durerà, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno» (Gaudium et spes 37). Non dobbiamo esser ingenui. L’uomo, con le sole sue forze e risorse, non può vincere il male. Nel campo del mondo ci sarà sempre la zizzania mescolata al buon grano. A questa considerazione realistica la fede cristiana apporta una visione di speranza. Il male è stato vinto da Cristo, che ha inaugurato il suo regno, «non di questo mondo» (cfr. Gv 18,36) ma del mondo della risurrezione. Dio non ha abbandonato il mondo in balia delle forze del male e vi immette continuamente le energie della redenzione. A questo contribuisce la chiesa che dispensa la Parola di Dio, i sacramenti, ed è chiamata a essere “luce del mondo” e “sale della terra”. In che misura noi ci impegniamo a essere autentici cristiani?

Il cristiano perciò:

- prega «liberaci dal male»;

- lotta contro il male, ma con umiltà e con le forze che vengono dalla ragione e da un serio impegno spirituale e morale, e soprattutto dalla redenzione di Cristo;

- attende con fiducia che si compia la beata speranza e venga il regno di Cristo.



† Antonio Mattiazzo

Arcivescovo di Padova

giovedì 25 ottobre 2001

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